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Imparare ad accettare se stessi

Se “l’altro” in generale ci fa vedere come siamo, io attraverso chi vive intorno a me, mi rendo conto che sicuramente devo lavorare ancora su alcuni miei aspetti per equilibrare carenze o eccessi; eccessi o carenze che se equilibrati sono qualità, altrimenti diventano puri ostacoli nella vita. Giustamente tutto questo non può essere osservato quasi esclusivamente solo attraverso fatti, situazioni ed esperienze vere; altrimenti rischiamo di idealizzarci e non saremmo coerenti. Meglio sarebbe fare questo lavoro su se stessi attraverso un'intervista alle persone più vicine, accettando anche un difetto espresso come un’occasione di miglioramento. Per me non é difficile accettare una critica, perché ci sono cresciuta, perciò nel momento in cui mi viene espressa resto colpita, ovviamente, ma riesco subito a “tenerla in mano” con umiltà, perché in qualunque forma verbale o non verbale venga espressa porta sempre un’occasione di riflessione.

Facendo riferimento allo studio dei modelli di personalità dei "4 colori” che è stato affrontato nel corso del Seminario di Counseling di Aprile 2020 del Centro Studi Bhaktivedanta, più in generale, mi rendo conto che in passato avevo delle caratteristiche che oggi sono cambiate molto. In generale mi percepisco più estrovertita, perché un’estroversione sana richiede anche la capacità di sapere controllare e gestire l’ambiente esterno; quindi saper scegliere con chi condividere e non, nel rispetto di noi stessi senza farsi invadere.

Lo stile razionale l’ho “indossato” quasi totalmente fino a quando ho iniziato il percorso di counseling, poi pian piano è quasi scomparso nel suo lato peggiore.

Cresciuta con 4 uomini (di cui un padre molto passionale, RAJAS e narcisista), non potevo che essere un Rajas in eccesso, femminile solo nell’apparenza.

“Obbligata” ad entrare in azienda di famiglia a 19 anni, quando lavoravo il tempo mi correva veloce davanti e non tolleravo la lentezza e le chiacchiere. Non andavo neanche in bagno per non perdere tempo. In tutto e tutti dovevo percepire la mia stessa “ansia” nel procedere, la mia stessa velocità, ordine, pulizia e non tolleravo la mancanza di igiene personale. Insomma, occorreva sbrigarsi anche con le spiegazioni. Imponevo regole, metodo e tempi, fornivo gli strumenti, davo esempio e via ... Una problem solving perfetta, intuitiva e pur di risolvere, se necessario, telefonavo anche all’inferno! Apparentemente tenace, determinata, e veramente amante del rischio e del movimento in generale sia sportivo che giornaliero, mi fermavo solo per riposare. PREFERIVO LAVORARE dietro le quinte e lasciare agli altri gli applausi (stessa cosa i miei fratelli; l’esposizione era una sofferenza e un gran consumo energetico).

Al di fuori di scadenze, eventi o fiere facevo lavori di analisi (mi occupavo di marketing clienti, statistiche di vendita, di prodotto, realizzavo e coordinavo listini prezzi, cartelle stampa, ecc) il tutto con un'attenzione certosina e con la pazienza necessaria; in quei momenti potevo dare spazio un pò alla mia fantasia, ma avevo bisogno di stare “chiusa” nel mio ufficio, perché lontana da tutti riuscivo a dare un po' di spazio a me stessa.

RINCHIUDERMI in camera da piccola era l'unico modo per non essere invasa, perciò anche al lavoro non sapendo gestire i miei confini cercavo la situazione che mi permettesse di restare sola. Oggi capisco che il modo di agire proveniva dal timore di sbagliare, dalla proiezione sugli altri della mia ansia e rabbia quando non si rispettava qualcosa, paura di non essere all’altezza. Prendevo quasi tutto ciò che non veniva rispettato come un’offesa alla mia persona. Certo, perché se sbagliavo da piccola venivo picchiata, messa in punizione.

Oggi direi che non tutto é stato negativo, perché grazie anche a quell’ ansia, per esempio, ho conosciuto le mie capacità organizzative e imparato molte cose.

Tornando a noi dopo questa riflessione, rispetto ad oggi percepisco che devo migliorare diversi aspetti che ho ben chiari e su cui sto lavorando.

Ho acquistato un AGENDA (cartacea)! Un oggetto banale? Oggi mi rendo conto che non é scontato avere il coraggio di mostrare i propri desideri e impegni! Non la usavo (e le adoro) perché mi vergognavo ad avere dei miei impegni, pensare a me stessa, non mi sentivo autorizzata a pensare a ME, inconsciamente avevo paura di essere punita. Mentre quando la usavo in ufficio per lavorare era perfetta perché stavo servendo l’azienda.

Per tutta la vita ho dato importanza solo a soddisfare i bisogni altrui; il mio benessere dipendeva dalla gratificazione degli altri e mi spremevo come un limone per nutrire gli altri, svuotando me stessa. Avevo creato una maschera pesante da portare dietro e pesante da sostenere a livello energetico. Un abisso tra la maschera e la Daniela vera, autentica, che nel tempo è diventato invivibile.

Oggi desidero rischiare di essere percepita deludente, imperfetta, ma allo stesso tempo essere me stessa e nessuno può chiedermi di sacrificarmi se non per una mia scelta consapevole.

Un primo importante successo per me, grazie al percorso formativo in counseling!

 

Daniela Toncelli