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Il nuovo comandamento: avere cura

Viviamo in questo momento molto incerto in cui le nuove ondate di contagi di Covid-19 sembrano mettere in discussione la nostra sicurezza in fatto di salute, in fatto di economia e di libertà, di poter vivere, agire e muoversi liberamente. Poi ci sono notizie discordanti, a volte ossessive, tanto da far pensare a molti, che ci sia una manipolazione collettiva da parte di questo bombardamento mediatico, al fine di raggiungere obbiettivi di controllo e di monopolizzazione delle masse a livello economico, sanitario e chissà magari anche politico ideologico. In questa epoca siamo tutti complottisti perché viviamo nel dubbio e nella paranoia, più o meno. Poi anche la realtà del Virus - l’entità in continua evoluzione, che cambia e ammala qualcuno a morte e altri nemmeno un po' oppure ha solo sintomi influenzali - ci lascia perplessi e non sappiamo più cosa ascoltare e cosa è vero. Ci mettiamo la mascherina sulla fiducia.

La paura è la grande emozione dominante e poi c’è la rabbia, perché molti di noi si sentono imprigionati in regole restrittive e in divieti vari, che ostacolano anche le nostre attività lavorative.
Un’altra parola importante è cura. Trovare la cura del virus, il suo vaccino. Avere cura con comportamenti igienici di prevenzione. Avere cura dei malati da parte del personale sanitario. Avere cura gli uni degli altri, perché anche se pensiamo – con una puntina di negazionismo-che il Covid-19 sia il vestito nuovo dell’imperatore- tuttavia siamo portati ad avere cura degli altri, di proteggerci per proteggere i nostri simili.
Questo problema globale ci rende evidente che ci possiamo solo salvare insieme con sforzi collettivi e reciproci. Se vogliamo uscirne possiamo solo farlo insieme, nessuno può salvarsi da solo. E anche se fosse una grande menzogna, ci vuole uno sforzo unanime per guarire.
Perché noi siamo in questo mondo per guarire, che sia una malattia del corpo o psicologica, mentale o emotiva, siamo chiamati a fare un percorso di integrazione e di aggiornamento per guarire. La cura diventa la parola chiave di questa nuova Era a cui si è affacciata l’umanità, in cui stiamo prendendo coscienza che dobbiamo avere cura gli uni degli altri, avere cura per l’ambiente, per gli animali, per i nostri valori.
Ci spieghiamo come mai del proliferare di tanti corsi di counseling o coaching e di come mai i social pullulano di esperti della comunicazione anche e soprattutto empatica. L’intento non è relativo al puro successo personale e al raggiungimento dei propri obiettivi esclusivi, ma anche finalizzato ad avere un approccio win-win, in cui la comunicazione è volta al benessere di entrambi le parti e non determina la vittoria di uno solo a scapito dell’altro. Lo sviluppo delle figure di supporto e aiuto relazionale, come quella del counseling del Centro Studi Bhaktivedanta, fondato da Marco Ferrini, è sempre più esteso, anche in altre realtà. Le persone sentono il bisogno di aiutare da una parte e dall’altra di avere figure specializzate nella comunicazione empatica, che siano di riferimento valoriale.
Avere cura significa anche un assetto di valori stabili, comprovati dall’esperienza e dalla compassione. La Cura è un termine vicino all’etica, (da ethos, comportamento). Avere cura è una scelta, perché è un’abitudine di vita, un comportamento, un fondamento etico. È un allineamento tra le intenzioni sui principi, le emozioni e le proprie azioni, che per sintesi noi chiamiamo goffamente coerenza. La parola coerenza è per me una parola dal sapore troppo mentale, che taglia il bianco e il nero e che in mezzo alla complessità culturale della nostra epoca, rischia di irrigidirsi nelle maglie delle belle parole scintillanti e irraggiungibili. Tuttavia, al di là delle parole che ci piacciono oppure no, aspiriamo profondamente all’armonizzazione tra le nostre azioni con i nostri valori, con i nostri bisogni, con i principi fondanti della nostra essenza, perché possiamo portare avanti, nonostante la nostra realtà paradossale, il senso di amore e di compassione per l’altro.
Chiudo con una frase di Michael Foucault tratta dall’Ermeneutica del Soggetto, in cui la sua posizione ancora più radicale lo porta ad affermare: “l’umanità sembra avere l’obbligo di prendersi cura dell’altro, non per scelta etica, ma come fatto fondativo della sua essenza”.

Paola De Paolis Foglietta