Fuori piove
Ci sono eventi di questo mondo sui quali noi non abbiamo potere.
Sono tutti quegli eventi esterni nei confronti dei quali è impossibile agire in un modo diretto, per cambiare gli avvenimenti e orientarli nel verso gradito al mio sentire. Se mi aspetto che oggi sia una bellissima giornata di sole e invece aprendo la finestra, proprio come sta avvenendo in questo momento in Toscana, scopro una giornata uggiosa, umida, non posso cambiare la condizione meteorologica per renderla adeguata a ciò che piacerebbe a me.
Non si può.
È parte della condizione della materia.
Quello che posso fare, però, è predisporre il mio stato di coscienza per attraversare nella migliore predisposizione d’animo quel determinato evento. Diventare testimone consapevole dell’esperienza, un osservatore che vive nel discernimento e che attraversa con visione, accoglienza, accettazione e progettualità il fenomeno in atto.
Quello che possiamo fare è imparare a trasformare le piccole cose che ci circondano e imparare a predisporci nell’intenzionalità progettuale, costruttiva, nella consapevolezza che questo non è il nostro mondo. Ovvero, la dimensione intima di ciò che siamo non appartiente al mondo delle forme, delle condizioni, delle giornate uggiose, delle guerre, delle pandemia, dei falsi “migliori”.
No.
La nostra dimensione più intima appartiene ad un’altra dimensione, permeata di pura virtù. Certo, ora stiamo sperimentando questa dimensione ed abbiamo necessità di non fuggire in negazioni, in scissioni di personalità, in false compensazioni.
Tutt’altro!
La Bhagavad-gita ci insegna proprio a diventare osservatori consapevoli del mondo, sempre pronti ad assumerci la responsabilità del cambiamento per ciò che concerne noi:
“Effimeri, gioie e dolori vanno e vengono come l’estate e l’inverno, o figlio di Kunti. Sono dovuti alla percezione dei sensi, o discendente di Bharata, e bisogna imparare a tollerarli senza esserne disturbati.” (Bhagavad-gita II.14)
“Chi non è mai causa di fastidio per nessuno e non si lascia turbare da altri, equilibrato nella gioia e nel dolore, nella paura e nell’ansia, mi è molto caro” (Bhagavad-gita XII.15)
“Equilibrato nella paura e nell’ansia” significa non fuggire dalle emozioni, viverle, attraversarle, sentirle, ma essere equanimi in esse.
Molto interessante, un passaggio fondamentale sul quale meditare.
Andrea Boni