NOSSO LAR - la nostra casa
Facciamo finire quest'anno di deprivazione. L'anno in cui ci hanno tolto alcune cose.
L’anno in cui tutti viviamo lo stesso problema. Certo ognuno di noi vive ripercussioni diverse riguardo il periodo, ma tutti proprio tutti dobbiamo fare le stesse cose. Non pensiamo al fatto che la digitalizzazione del sistema bancario, scolastico e sociale possa rendere la nostra vita ancora più controllata di quanto lo fosse prima, se è possibile, non pensateci che vi arrabbiate. Sembra la frase: non pensare all’elefante. Che lo vogliamo o no, questi sono i tempi nuovi.
Questi sono i tempi in cui governati, disadattati, ricchi e poveri, belli e brutti devono fare tutti la stessa cosa, stare a casa, igienizzarsi, eventualmente fare i tamponi, non viaggiare, non vedere i parenti (lo so che qualcuno di voi è felice). Questo isolamento e distanziamento a cui ci costringe il virus ci obbliga tutti nella stessa posizione, che vorrei dire è più contemplativa che altro. Non potendo fare grandi progetti e spostamenti ci riduciamo a guardare la realtà, ad osservare, a stare soli con noi stessi. per questo tanta gente è depressa, probabilmente entra in contatto con il proprio vuoto, che ha cercato di evitare tutta la vita, facendo cose. Parlo per esperienza, nonostante mi sia presa avanti con molta meditazione, sento un senso di smarrimento nell’entrare nel mare agitato della mia vita interiore e ciò che mi sta insegnando questo periodo è l’accettazione. È una bella cosa, è il preludio della contemplazione della realtà.
Il fatto che molti se non quasi tutti, siano arrivati a questa riflessione, ci fa immaginare come le nostre frequenze si siano allineate e come questa situazione comune ci porti a fare squadra anche se non ne abbiamo voglia, anche se siamo distanziati, anche se non ne siamo coscienti. E questo credo dia fastidio a chi vuole mantenere, se non aumentare, le differenze tra esseri umani.
Vi ricordate le scene grottesche del primo lockdown in cui gente cantava al balcone, si registravano ostentati gesti di solidarietà, spinti dalla novità della chiusura collettiva, che ci ha fatto tirare il fiato dai ritmi vorticosi di prima. E ancora i cartelloni (andrà tutto bene) e le invettive contro il governo anti costituzionalista, i timori di supposti totalitarismi all’orizzonte, la teoria della rana bollita di Chomsky e così via? Ve lo ricordate? Ora è finita quella fase e siamo più come Revenant, sopravvissuti.
“Stay at home” ma di quale casa si parla? Non della seconda casa di sicuro. Perché non della casa interiore, del nostro santuario spirituale dentro noi, e stiamo nel vuoto se lo troviamo, aspettiamo che emerga qualcosa.
Ho passato il giorno dell’immacolata a pensare all’immagine della Madre, della nostra dimora e per una sincronicità perfetta ho scoperto che su Prime video c’era Nosso Lar in italiano, un evento per me, che ho visto il film per tre volte, sgranato, in lingua portoghese con i sottotitoli in italiano. Ovviamente l’ho riguardato di nuovo. Il titolo in portoghese significa “la nostra dimora” e in quel caso si riferisce alla vita dopo la morte, ma anche alla nostra vita interiore che è la nostra dimora in questa vita e lo sarà anche quando lasceremo il corpo. Qualcosa di profondo mi fa dire queste cose con certezza. Allora in questo momento oscuro, ma anche di vibrazioni sincrone con l’umanità, ascoltiamo la nostra voce interiore, calma e ricca di significato, incontriamo la gioia dentro di noi e saremmo felici quando ci diranno: stai a casa. Siamo noi la nostra casa.
Paola De Paolis Foglietta