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Quando essere umani fa la differenza

PAOLA DE PAOLIS FOGLIETTA

Lo sviluppo della tecnologia in tutti gli ambiti della nostra vita ci consegna un certo senso di orgoglio e meraviglia per il progresso, l’evoluzione intellettuale e tecnica che la nostra epoca sta conoscendo. Inoltre, l’esperienza digitale e le varie applicazioni informatiche, oltre a quelle tecniche, ci stanno aiutando molto a svolgere tutto il lavoro che c’è da fare in modo più veloce e preciso possibile. Questo ci alleggerisce e ci dà molto più tempo. Come poi utilizziamo quel tempo a disposizione dà il sentore del nostro concetto di libertà.
Le preoccupazioni destate da un sempre più invasivo utilizzo dell’intelligenza artificiale, che riguarda il controllo sempre più capillare della nostra vita in tutti gli ambiti, sta aumentando sempre di più. Chi soffre dell’ansia del controllo (si tratta di quelle persone che a loro volta tendono a controllare) sta cominciando ad entrare nella paranoia. Il pericolo reale c’è, è già presente. Quello di essere monitorati in tutto: spostamenti, acquisti, preferenze, abitudini, salute, frequentazioni. C’è anche il pericolo che l’intelligenza artificiale essendo più performante e non soggetta a comportamenti arbitrari nel lavoro, sostituisca l’uomo, fagocitandolo in un grande ingranaggio. Come si fa ad uscire da questo labirinto che abbiamo creato?
Questa situazione ci interroga su cosa significhi essere umani. Il funzionalismo di matrice europea e americana che ci ha educato, vuole che funzioniamo bene, che produciamo, che la nostra vita serva a qualcosa nella società. È questo che significa essere umani? Essere produttivi? Mandare avanti l’economia, contribuire al progresso della società? Sì anche. Ma se ho un handicap o sono vecchio o sono troppo pigro per fare qualcosa, cosa faccio mi butto nel cassonetto dell’umido?
È vero che c’è tutta una politica di inclusione per dare a ciascuno le pari opportunità, ma sembra un pensiero coltivato da quella parte di sinistra o cattolica impegnata nel sociale, nel volontariato, ossia da una categoria di persone che è particolarmente sensibile alla parità dei diritti o pervasa da una genuina filantropia. Gli altri, i vincenti, possono continuare a costruire il mondo. Non c’è una vera comprensione esistenziale del mistero della vita, di come può essere santo, oltre che doloroso, un deficit o una malattia; di come persone più svantaggiate e segnate da un destino avverso, possano evocare l’intensità della vita vera e dei suoi percorsi profondi. L’anima deve percorrere strade incredibili per conoscere se stessa e per consegnare questa conoscenza preziosa al mondo.
In questo l’uomo fa la differenza rispetto all’intelligenza artificiale: non in una generica creatività, definita solo dalla risoluzione dei problemi e dal trovare le risposte a tutte le domande utilizzando la multidimensionalità della nostra mente estesa.
Essere creativi significa varcare la soglia di ciò che già conosciamo e dentro il nostro abisso c’è tutto quello di cui abbiamo bisogno per compiere la nostra missione o per completare l’aggiornamento in questa vita, come lo definisce qualcuno.
Il counseling del Centro Studi Bhaktivedanta indica questo tipo di strada, dato che è profumato della visione del mondo indo-vedica, quella delle Upanishad, che descrive un uomo cosmico e multidimensionale, in epoche in cui questa parola non andava di moda, era semplicemente l’esito di una visione del mondo.
Il merito di Jung non è stato quello di re-inventare l’inconscio -esisteva già- ma quello di invitare le persone ad essere creative nel mondo. Il concetto di sincronicità, per esempio, se applicato alla nostra vita, ci rende più attenti, più percettivi e più intelligenti. Forse non ce ne rendiamo conto, ma siamo continuamente sommersi in una rete di interconnessioni tra noi e il mondo e queste energie ci aprono strade nascoste, solo nostre, che dovremmo cominciare a percorrere. Decifrare le sincronicità non è un compito della mente logica. La chiave di lettura è, attraverso l’ascolto ad altri livelli, l’associazione mentale, la considerazione delle nostre immagini interiori. Un esempio personale. All’inizio della quarantena, ho ordinato su Amazon un libro della mia guru in fatto di astrologia. Voglio leggere tutti i suoi libri un po' alla volta e ogni tanto, quando ho tempo, me ne prendo uno. Quello che avevo ordinato aveva un titolo così generico da sembrare anonimo (“Astrologia moderna nuove intuizioni”), ma dopo aver scorso vari titoli, senza guardare nel dettaglio l’argomento, ho optato per quello, a caso. Quando mi arriva a casa e comincio a leggerlo apprendo che si tratta di una serie di conferenze astrologiche di un seminario tenuto a Berkley, in California, nel 1981, a proposito di un particolare transito che avviene ogni 40 anni circa: la congiunzione di Saturno e Giove, che imprime una particolare e discordante energia, ma di impatto anche a livello collettivo. Mi interesso di astrologia per hobby, ma non sono sempre aggiornata su tutti i transiti astronomici, so più o meno dove si trovano i pianeti più lenti. Naturalmente mi viene in mente di guardare dove si trovavano Giove e Saturno in quel momento, visto che il libro parla di questo. Ebbene, quando ho preso il libro, a marzo, era l’inizio di questa congiunzione di Saturno e Giove che finirà all’incirca alla fine del 2021.
Come quando parlate di una persona che non vedete da anni e quella vi chiama in giornata o la incontrate casualmente per strada. Come quando un numero vi compare continuamente, o un argomento che ritorna sotto varie forme. E tutta una serie di eventi che hanno connessioni acausali che ci fanno dire: coincidenza strana! Non sono coincidenze, ma sentieri non battuti da percorrere.
Ho parlato della sincronicità, per citare uno dei possibili metodi per sviluppare la nostra mente nell’ascolto e nella percettività; come strada creativa che ci aiuta ad entrare nella magia della vita, nel salto alla corda dell’universo, nella conoscenza della nostra personale versione dell’esistenza, tutta da costruire e che ci fa svincolare da modelli precostituiti, che mal si adattano a noi, perché sono standard e pensati da altri in base all’algoritmo delle nostre abitudini.
La creatività ci interconnette con tutto ciò che esiste intorno a noi e ci rende veggenti, veri sapienti, ci dà delle risposte, oltre a farci svincolare dalle maglie del controllo di chi crede di sapere tutto di noi.

Nell’immagine: progetto sperimentale di mappa astrologica riguardante il segno dei Gemelli