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Il Viaggio dell'Anima

UNA RIFLESSIONE DI COSETTA, CORSISTA DELLA SEDE DEL VENETO

Da bambina mi sono spesso chiesta se per “Viaggio dell’Anima” si intendesse un peregrinare in luoghi sacri permeati dall’Anima di chi li ha resi tali, oppure uno spostamento interiore, esclusivamente introspettivo. In verità uno non esclude l’altro, anzi, ci si sposta verso l’esterno o verso l’interno in un moto perpetuo e compensativo di ricerca, necessaria al pieno riconoscimento dell’interiorità più pura. Questa comprensione, come un sasso lanciato in acqua, ampliò le onde di quella spinta indagatrice interiore, di carattere metafisico, che mi portò, negli anni, ad investigare sul perché fosse necessario un “Viaggio dell’Anima” e a cosa conducesse. Non eravamo forse già Anime fatte e finite? Cosa c’era da scoprire ancora e cos’era in realtà l’Anima?

Era parte del corpo o era distinta da esso? Era la psiche? Dove stava? Era nei nostri pensieri? Nel cuore? E ancora... era immortale o svaniva insieme alla nostra dipartita? Era, come dicevano molti, solo appannaggio dei poeti, cioè una ricompensa per qualcosa o era insita in noi dalla nascita?!

Osservando i movimenti delle persone mi pareva di cogliere varie tipologie di Anime. Anime semplici, complicate, caritatevoli, opportuniste, angeliche, diaboliche, bianche, nere, istigatrici, Anime che rodevano la persona, che l’ispiravano. La mia in particolare mi pareva un’Anima tormentata, tant’è che, per parecchi anni, scrissi sulla prima pagina del diario l’immancabile dedica: “Alla mia Anima in pena”.

A volte sentendo dire: “è una persona senz’Anima” un campanello d’allarme scattava, poi capendo l’espressione figurativa riprendevo la questione con l’aggiunta del dubbio: “ciò che guardo è l’Anima o il carattere? Che differenza c’è?”

Assieme a questi un’altro importante, interrogativo: “quali erano le coordinate del luogo verso cui l’Anima era diretta, attirata, richiamata e come agivano?”

Non erano riflessioni da intraprendere a cuor leggero, basti pensare a quei “viaggi” in cui è più facile “lasciarci l’Anima” invece che “ritrovarla”, perché da che tipo di movimento si compie il paradigma cambia.