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Il Principe del tempo

ELENA BETTI

"Non ricordo sofferenza maggiore provata quando il principe del tempo decise che il nostro cammino insieme era terminato. Quanto lo interrogai, quanta rabbia, quanti pianti quante minacce ti feci, caro tempo. Perché così ti nominai, il principe del tempo, dolce e amaro.

Per fermare la mia follia allora non vi era altro modo se non fermare me stessa e così accadde.
Da un giorno all’altro mi fermai, fisicamente, e di piu’, nel profondo, come un orologio rotto.
Se qualcuno ascoltava, poteva udire il tic della lancetta che mi avrebbe permesso di fare quel salto per trascendere tutto ma.. la lancetta era ferma, si udiva ma era ferma.
Lunghi furono i mesi a venire secondo il mio sentire ma ringrazio ogni secondo di quel tempo.
Oh principe del tempo, quanto servono quei secondi, minuti e giorni di dolore."

La differenza è vitale direi. Proprio vitale per la salute dell’anima.
Vivere il dolore in maniera non consapevole è un autogol. Uno schiaffo alla nostra anima. E un dolore, a catena per chi ci sta’ vicino quando a sua volta non sa vivere la situazione con consapevole distacco Pero’ c’è anche da dire che quando ci si trova in una situazione di dolore grave accompagnata da una situazione ovviamente di non consapevolezza, perché questa avverrà dopo, anzi sarà proprio quel dolore ad aprirci a questa, lì per lì diventa veramente difficile non farsi travolgere in una spirale che porta verso il basso.
Si inizia con l’avvicendamento di emozioni, solitamente si parte con la rabbia, rabbia per l’evento successo a se stessi o rabbia per l’evento successo a chi amiamo. In questo secondo caso poi, quando ci si ferma per quel secondo perché stremati dall’espressione di quella rabbia che puo’ essere il pianto, e a quel punto si incolpa qualcuno anche per la condizione in cui ci si ritrova, oltre ad incolparlo per l’evento successo.
Nel mio caso, e mi dispiace, incolpai Dio, che chiamai principe del tempo. Lo interrogai, lo incolpai in tutte le maniere. Non c’era spazio per altro dentro me.
Iniziarono i pensieri ossessivi, ripetitivi che ripercorrevano l’accaduto, in tutti i modi, da tutti i punti di vista. Pensieri pericolosi. Tanto pericolosi da portarmi fino ad uno stato di ansia talmente alto che piano piano scivolai in una spirale schiacciante di paure, fino ad arrivare ad un blocco definitivo. Un blocco totale fisico, psichico ed emozionale. Ricordo che addirittura la notte mi chiudevo a chiave in camera per paura che mi facessero del male. Ero diventata una specie di pianta grassa, in balia di tutto tranne che della mia consapevolezza. Da lì, iniziai piano piano a riprendere le redini della mia vita, aiutata, ma non era ancora finita. Ci volle un colpo di grazia molto forte che ora non sto’ a raccontare nei dettagli, ma toccai il fondo una sera come un’altra dopo essermi chiusa in camera mia.
Quello fu il momento in cui ebbi l’assoluta certezza prima che stavo per morire e subito dopo che non era quella la mia via e che Dio, mi amava così tanto, che era venuto a prendermi per mano e con la sua luce mi aveva risanata e mi avrebbe accompagnata lungo la via..
La mattina seguente aprii la porta e non fu mai piu’ chiusa a chiave. Iniziai a risalire piano piano e iniziai la mia ricerca che ancora oggi mi accompagna.
Questa esperienza mi aiuto’ anni dopo a vivere con consapevolezza l’abbandono dell’abito fisico di mia madre. L’approccio, fu totalmente diverso, molto doloroso sì, è stata per me una guida importante e presente nella vita, ma riuscii, seppur con momenti di forte sconforto ad accompagnarla nel modo migliore che potevo, senza farmi travolgere e trascinare tanto in basso come nella prima esperienza di saluto al mio compagno.
Ricordandola con amore, ho avuto da lei un dono bellissimo alla sua partenza, un saluto speciale che portero’ sempre nel mio cuore.