Il critico interiore può diventare una guida
ALESSANDRA CORA'
“Sei sicura di essere all’altezza di scrivere una cosa del genere?”
“Certo che ne sono sicura, perché mi induci il dubbio?”
“Ma figurati… sai bene che c’è chi sa scrivere meglio di te…”
“No! Non è vero…. Ognuno ha le sue qualità e nel mio piccolo ci so fare….”
“Si… ecco… nel tuo piccolo… ma molto piccolo….!”
Il critico interiore parla proprio così, è quella vocina che si insinua, che non lascia spazio, vuole sempre aver ragione e il più delle volte ci fa soccombere, nell’insicurezza, non permettendoci di osservarci ed accoglierci per poter esprimere le nostre potenzialità. Ma è davvero così invincibile?
Il seminario di Formazione Avanzata in Counseling svoltosi il 21 e il 22 luglio scorsi presso il Centro Studi Bhaktivedanta ha dato modo ad un folto gruppo di Counselor e di operatori che oprano nell’ambito relazionale, di approfondire e sperimentare che il critico interiore può trovare pace e può trasformarsi in una guida. La cura avviene attraverso due rimedi principali, come sottolinea il prof. Ferrini: Karuna, compassione, e Kripa, misericordia per se stessi. Valori che sono accessibili a tutti, non sono rari o ad uso di pochi, risiedono dentro di noi da sempre, è che strada facendo, nel cammino della vita, si nascondono e facciamo fatica a riconoscerli. Nel percorso di crescita individuale è fondamentale diventare consapevoli della presenza del critico interiore, riconoscerlo, accoglierlo e trasformarlo. Quello che risulta chiaro è che il dialogo con questa presenza il più delle volte diventa conflitto, perché ci sentiamo continuamente messi alla prova, non valorizzati, umiliati, lo sentiamo un’ostacolo che ci scatena rabbia e reattività, portandoci verso un dis-equilibrio, che non permette discernimento e la visione dei valori a cui possiamo attingere, quell’energia giusta per affrontare qualsiasi prova della vita. Entrare in relazione con il critico interiore non è così automatico, poiché è primariamente importante prendere coscienza delle false credenze che si sono strutturate dentro di noi e che danno forza alla voce criticona. Come si sono strutturate quelle credenze? Sono frutto di innumerevoli esperienze emotive pregresse non adeguatamente elaborate, primariamente derivanti dal rapporto avuto con coloro che si sono presi cura di noi nell’infanzia e nell’adolescenza, sia in ambito famigliare che scolastico, o comunque esito di una relazionalità non sana. Nel momento in cui diventiamo consapevoli di questa distorta funzione della mente, è nostra responsabilità entrare in relazione con il critico interiore, magari dandogli un nome e visualizzandone le sembianze, questo avviene quando riusciamo ad entrare in profonda relazione con noi stessi, con compassione e misericordia: siamo noi i primi che dobbiamo offrici gentilezza e amore, certamente non in modo narcisistico. “Ama il prossimo tuo come te stesso” dice Gesù e in effetti se non riusciamo ad amare noi stessi come possiamo avere empatia e compassione per gli altri? Il pensiero che erroneamente ci svia è che essere compassionevoli verso se stessi possa essere un atto narcisistico, vero è che compassione non è auto-indulgenza, non è auto-commiserazione. La sfumatura sottile che ci sfugge è che il critico interiore a livello ontologico è una guida, ed è proprio quella guida che dovremmo cercare di riattivare. Siamo esseri umani e in questa forma siamo inclini all’errore, ma cosa c’è di più bello che potersi correggere? È in questa modalità che si avvia il processo di trasformazione del critico interiore, per iniziare un dialogo empatico e comprensivo con noi stessi. L’empatia si manifesta nell’amore, il punto è che il più delle volte cerchiamo affetto esternamente a noi per placare quella voce interiore, quando l’affetto lo dobbiamo trovare proprio in noi stessi. Avete mai provato a stringervi in un abbraccio con le vostre stesse braccia? O appoggiare il viso nell’incavo della vostra mano? Sono un esempio di gesti semplici che se fatti con amorevole sentimento per noi stessi, possono far scaturire dal cuore compassione per ogni “errore” commesso; la sensazione che si prova è commovente quella, dona forza e visione di ciò che in nuce abbiamo a disposizione e che non usiamo. Avvolto in quella sensazione di pace ritrovata, il critico perde forza e scioglie la sua severità, diventando il nostro counselor interiore.
“ Sei sicura di essere all’altezza di scrivere una cosa del genere?”
“ Percepisco che sei preoccupata, cosa ti fa pensare che non sarò in grado farlo?”
“Hai mille cose da fare, ti manca il tempo di approfondire l’argomento…”
“Pensi che ci siano tante cose da assolvere, e in un certo senso è vero! Tra tutte queste cose possiamo provare a fare una scaletta e assegnare una priorità, Come mi puoi aiutare?”
“ In effetti… hai un’ottima capacità organizzativa e con le tante letture che hai fatto puoi trovare il giusto tempo per fare una ricerca idonea e trovare le parole adeguate…!”
“Ti ringrazio della tua prospettiva, proprio dagli ultimi libri letti pensavo di trovare gli spunti giusti e facendo un programma dettagliato della giornata posso trovare anche il tempo per scrivere con calma, come ti fa sentire questo?”
“Mi sento serena e ho fiducia che riuscirai a scrivere delle belle parole.”
La musicalità del dialogo si trasforma e la voce interiore che di primo acchito aveva messo davanti le difficoltà, porta in superficie un valore acquisito, che attiva una dinamica costruttiva. L’auto-compassione autentica apre le porte alle potenzialità per relazionarsi al meglio con se stessi diventando persone autentiche. Riusciremo con successo in questo lavoro trasformativo se saremo saldi e costanti nella pratica meditativa, che è propedeutica al processo di armonizzazione interiore e soprattutto ad aprire il nostro cuore all’amore; la mente facilmente incrementa pensieri coatti, tuttavia se la nostra centratura è nel cuore, tutto cambia, perché è l’affetto la più forte energia trasformatrice, per noi stessi e per gli altri.