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Mettere in moto il cambiamento attraverso il feedback e l’ispirazione

DI ANDREA BONI

Nella vita, quando si vive in modo inconsapevole, si costruiscono continuamente maschere della personalità, che nascondono l'essenza del vero sé, inducendo il soggetto a vivere una vita distorta, causa di false identificazioni. Tali maschere portano spesso ad allontanarsi dalla responsabilità del proprio sentire, e a proiettare sugli altri dinamiche inconsce che non si è in grado di contattare. Si può affermare che, a vari livelli, di fatto viviamo una vita in continua proiezione. 

Se non contattiamo l’ombra possiamo diventare schiavi di persone sbagliate, vivere nel distorto e continuo bisogno di apprezzamento e accoglienza.
Possiamo affermare che l’aspetto distruttivo delle nostre emozioni e dei nostri sentimenti, non stanno tanto nella polarità dei sentimenti e delle emozioni di per sé, ma nel fatto che non siamo in grado riconoscerli, accettarli e quindi di trasformarli. 

Per questo l’unica via per cambiare il mondo che continuamente costruiamo intorno a noi è cambiare noi stessi a partire da ciò che neghiamo, rimuoviamo o proiettiamo. 

Dismettere le maschere, svelare le ipocrisie, questa è la via alla quale possiamo accedere con un viaggio introspettivo autentico, che richiede umiltà, coraggio, pazienza e fiducia. 

Il Counselor può aiutare il suo cliente a dismettere le maschere attraverso il colloquio e l’empatia. In questo senso uno strumento che può essere adottato è quello del feedback.

Il feedback è una modalità di comunicare non-violenta, basata sulla osservazione oggettiva, sulla condivisione di emozioni e bisogni, sulla esplicitazione di richieste, che consente di dare rispetto a se stessi e alla persona con la quale ci stiamo riferendo. Con gli opportuni aggiustamenti si può applicare in tutti i contesti in cui occorre dare un riscontro (feedback appunto).
Con il feedback fenomenologico i soggetti in relazione si formano, attraverso l’esplicitazione dei dati oggettivi osservati, delle emozioni e dei pensieri che li guidano, a esprimere opinioni ed emozioni che non si impongono, a esplicitare richieste, non pretese, con l’intento di vivere nell’autenticità e svelare le ipocrisie. Il feedback si riferisce sempre alla modalità, non alla persona e non è una verità imposta, ma una verità plausibile, che viene comunicata con leggerezza, al fine di indurre nell'altro un ampliamento di percezione con il fine di facilitare lo sviluppo della consapevolezza della propria maschera, della propria ipocrisia, del primitivo ancora presente nel proprio mondo interiore.
I feedback non si lasciano mai trasformare in pre-giudizi, in affermazioni assolutizzanti o, peggio, stigmatizzanti.
La persona è incoraggiata ad osservarsi senza sentirsi etichettata, diagnosticata, valutata, interpretata.
Ciò non toglie che si debba usare il giudizio inteso come discernimento, in quanto espressione di eccellenza dell’intelletto, ma ovviamente questo richiede un livello di consapevolezza maturo. Infatti, evitare il giudizio di per sé è pratica immatura che non favorisce la dimensione della condivisione e del confronto, che sono necessari in un percorso di crescita condiviso.

Affermare: “Non bisogna esprimere giudizi”, non è utile, mentre è utile non assolutilizzare i propri giudizi. O meglio: “Esprimiamo giudizi che siano rispettosi per noi e per l’altro, affinché l’altro si senta accolto in una condivisione di reciprocità empatica”. Nella pratica di counseling occorre restituire all’altro giudizi senza giudicare, altrimenti rischiamo di essere complici o di non compiere adeguatamente Il nostro dovere.

« Due persone cominciano a discutere... Cosa fanno? Non si ascoltano, si tolgono la parola, parlano contemporaneamente. Entrambe sono talmente piene di sé che nessuna delle due vuol tenere conto dell'altra. Si esasperano a vicenda, tanto che alla fine, non potendo più dominarsi, non rimane loro che azzuffarsi. Che mancanza di intelligenza e di psicologia! Dovrebbero sapere in anticipo che con un tale atteggiamento non troveranno mai una soluzione. Ma vogliono veramente trovarne una? Sì, indubbiamente, ma ciò che vogliono soprattutto è affermarsi, è imporre i propri gusti e le proprie opinioni... Un uomo intelligente, invece, inizia mostrando molta pazienza, molta benevolenza, e soprattutto ascolta con grande attenzione ciò che gli si dice, in modo da suscitare un atteggiamento positivo nel suo interlocutore. A quel punto, anche i problemi più difficili finiscono per risolversi. »
Omraam Mikhaël Aïvanhov

Il bravo counselor, senza imporre nulla ma con un sincero spirito di offerta, facilita il cliente a dismettere le maschere, le difese che si sono strutturate e quindi all’essere sempre più se stesso nella relazione con l’altro, senza ipocrisie. Questa pratica porta al disvelamento di sé, all’autenticità, ed è la via verso il cambiamento, che consiste nella pratica della verità, dell’autenticità, della tolleranza. 
Il counselor pone se stesso al servizio dell’altro, con una presenza attiva, in attesa che l’altro si autoriveli, e quindi possa entrare maggiormente in contatto con se stesso.  Con la pratica del feedback fenomenologico si impara a dissentire senza respingersi, a giudicare senza etichettare, imporsi o svalutare, confrontarsi facendo in modo che siano i sé a comunicare, non le loro versioni distorte, il tutto in una danza empatica.

Quello che saprai un giorno hai bisogno di saperlo adesso.
Se la luce attraversa le pareti, bene.
Se si consuma nell'abisso, bene.
Entra nella cattedrale del cuore,
perdi la coscienza della coscienza,
a braccia spalancate cadi nel torrente,
abbi fede senza dubitare, ringrazia per i tuoi errori,
accetta che la realtà sia un incessante disintegrarsi.
Nell'energia che sorregge il mondo
non c'è tristezza né paura,
ricevi le onde concentriche del suo piacere.
Il più banale attimo della tua vita è un germoglio.
(Alejandro Jodorowsky)

Il Counseling con approccio Bhaktivedanta non si ferma certamente qui. Per comprendere la sofferenza interiore non basta svelare le difese, le ipocrisie, ma occorre anche e soprattutto mettere in moto un processo di trasformazione, che passa necessariamente attraverso il disvelamento del senso della vita, del dolore, della sofferenza. Il counselor Bhaktivedanta ha acquisito la capacità di sapere ispirare, di orientare, per facilitare il cliente ad osservarsi da una prospettiva più ampia, quella dell’eternità. Empatizzare con l’altro è necessario, ma per il Counselor Bhaktivedanta non è sufficiente, poiché è altrettanto importante aiutare il cliente a convertire in un senso pratico i principi di valore assoluto che caratterizzano la progettualità ontologica del percorso di vita di ciascun essere vivente, e lì progettare il proprio percorso evolutivo, che è unico e straordinario.


Questo articolo è stato ispirato dalla lettura dei seguenti testi:
Marco Ferrini, "L’io l’inconscio e le maschere del sé", mp3, edizioni CSB
Marco Ferrini, “Il sé e le sue maschere”, mp3, edizioni CSB
Marco Ferrini, “L’arte di parlare con il cuore”, mp3, edizioni CSB
Franco Nanetti, “Clinica esistenziale: il metodo umanistico integrato”, Erickson edizioni.