Skip to main content

Dov’è finito il principe azzurro?

DI PAOLA DE PAOLIS FOGLIATTA

Va bene lo ammetto, sono interessata all’astrologia.
Questo studio mi ha portato a pensare che il destino è nel nostro carattere, che la nostra esistenza, con i suoi eventi specifici è la materializzazione della nostra interiorità. Se prendiamo la nostra vita vissuta finora e la srotoliamo sul tavolo , come una mappa, guardandola tutta insieme, ci vedremo gli aspetti della nostra personalità. Vedremo cioè la nostra visione del mondo con le nostre scelte concrete, la nostra affettività nel modo in cui abbiamo gestito le relazioni, le nostre azioni e il nostro corpo mostrano il tipo di energia e gli obbiettivi della nostra volontà. La nostra visione del mondo parlerà di nostro padre e i nostri bisogni affettivi parleranno di nostra madre e della lente attraverso cui li abbiamo guardati e abbiamo imparato il mondo. Non di chi erano loro davvero, ma da quale angolazione li abbiamo recepiti e quali aspettative erano generate da questa visione. E noi siamo diventati quello che abbiamo visto, un po’ nostro padre un po’ nostra madre. Per quello le religioni consigliano di amare i propri genitori (o meglio l’immagine che noi abbiamo di loro), se non altro per amare noi stessi.

Dentro di noi ci sono potenzialmente le prove della nostra vita. In stato germinale già si può intuire cosa ci farà soffrire, primo perché ci fa soffrire a priori interiormente e poi come si materializzerà dipende dal tipo di crescita che abbiamo fatto, dal nostro modo di affrontare la prova. In un certo senso possiamo dire che siamo noi a metterci in certe situazioni, perché dobbiamo fare quel tipo di esperienza che è coerente con quello che siamo.

Insomma il destino siamo noi, è scritto dentro di noi e noi lo agiamo. Quando le cose ci sembrano arrivare da “fuori” è perché non siamo ben collegati con il nostro centro di gravità. Per questo Jung diceva che chiamiamo destino tutto ciò di cui non siamo coscienti. Magari non conosciamo bene la mappa, e quando si scaglia su di noi un evento particolare ci chiediamo “perché proprio a me?”, come se fosse una cosa che con noi non c’entra proprio. Ma sarà quell’evento che ci farà comprendere una parte della nostra personalità (leggi: del nostro destino), che sonnecchiava in una piega della nostra immensa anima.

Qualcuno si irriterà nel sentire questi discorsi, come mi sono arrabbiata io quando ho realizzato questa fastidiosa condizione, ma amo troppo la verità e il mistero, anche quando fa male, per poter smettere di cercare e approfondire tale questione. Per esempio, qualcuno può dire: mi stai dicendo che i bambini che vivono la guerra o hanno subito abusi o hanno infanzie disperate hanno voluto quella esperienza? Di fronte a questo ho sempre cercato una risposta e a placare la mia mente che come una scimmia chiede sempre “perché?”, è il pensiero che la personalità è intrisa dei nostri samskara e il karma opera la sua azione di riequilibrio. Il problema del mistero della nostra personalità sta nel fatto che noi non conosciamo tutti i dati e qualche dato è al di fuori del perimetro che delimita la nostra vita attuale. Mi direte c’è da sperare di nascere sotto una buona stella! In un certo senso è così, ma la buona stella è solo la base, tutto il resto del lavoro siamo noi a farlo, questo è il senso dell’evoluzione spirituale: non accontentarci dei talenti ricevuti , nel bene e nel male, ma farli fruttare.

Vi ricordate la favola della Bella Addormentata nel Bosco? Malefica, la fata cattiva irrompe nella festa a palazzo che festeggiava la principessa neonata e le porta il suo dono terribile, la morte a 16 anni a causa della puntura di un arcolaio e poi se ne va. La terza fata che prima dell’irruzione di Malefica, stava portando il suo dono, sulla scia di bellezza e bontà delle precedenti, lo converte con un’altra virtù, meno scontata: la forza di reagire alla morte. D’accordo che la storia parla del principe azzurro che salva la principessa con un bacio e questo andava bene per tenere le donne sotto controllo nelle civiltà più arcaiche. Per noi, anzi per la Principessa Aurora, quel principe è il suo maschile che esce dall’ombra, la sua forza interiore, il suo spirito combattivo che non si arrende e la salva dalla morte. Magari passa cento anni a dormire nella torre, ma poi ce la fa, si sveglia e continua a vivere.

Come ogni problema ha la sua soluzione correlata, così ogni nostra difficoltà ha il suo talento che l’accompagna. Bisogna cercare bene nella mappa…