La fine ed il fine: la bellezza di saper giocare con le parole
Le luci sono state spente, palline e albero riposti, la casa appare più vuota e quasi più silenziosa, sebbene quell’accendersi e spegnersi non facesse nessun rumore, a dirla tutta, però teneva compagnia! Ho vissuto i giorni delle feste come un tempo sospeso, un tempo dove tutto attende. Quest’anno questo sospeso è stato più intenso del solito e sebbene la zona rossa avesse il colore ideale per il periodo, non è stata di certo portatrice di allegria. I corposi ritrovi di famiglia sono stati rinviati, i movimenti limitati: ognuno ha fatto il meglio che poteva perché nonostante tutto la vicinanza ci fosse. Certo, una vicinanza ristretta alle persone più vicine, i congiunti! Sono convinta che tutti comunque eravamo in attesa che il 2020 terminasse e con lui la sua funesta opera, per lasciare spazio ad un 2021 che auspichiamo sicuramente migliore. Questa attesa ha fatto nascere in me un certo stimolo, ho sentito il bisogno di lavorare sulla chiusura delle cose vissute, desideravo dare un’ipotetica “sepoltura” agli avvenimenti che avevano contraddistinto questo anno, specie quelli faticosi. Con mia sorpresa, mentre compivo questo rito di transizione, ho osservato che questa fine racchiudeva anche tante cose positive. Mentre le scrivevo, osservavo le parole che uscivano dalla penna e mi chiedevo: ma sono proprio io che le sto scrivendo? Sì ero proprio io, stupita dal fatto che tra le difficoltà attraversate ci fosse anche tanto buono, tanto positivo. La fine di un qualcosa la si può osservare da più prospettive. Generalmente si pone lo sguardo alla parola fine, solamente sul suo significato di chiusura, di terminalitá. Ma per chi crede nella prospettiva della filosofia yoga, sa che nulla mai ha una fine, tutto sempre si trasforma. Purtroppo, presi dalla vita che scorre, spesso veniamo distratti e ci lasciamo trascinare dai vortici dell’ego che ci portano in una miriade di dubbi e pensieri. Per questo è necessario imparare a giocare con le parole. Infatti, se guardiamo alla parola “fine” nella sua prospettiva “maschile”, il suo significato cambia completamente. Il fine, diventa il raggiungimento di una meta, di un obiettivo e in mezzo alle chiusure, alle ristrettezze dell’anno che stava per finire, ho constatato che i miei obiettivi nati in tempi bui avevano portato frutto: il fine si era compiuto. Nel vedere ciò che scrivevo sentivo nuova linfa scorrere dentro di me che dava colore a quei giorni sospesi. Mi incitava a darmi nuovi obiettivi, nuovi fini che sono il motore della vita, il concime che prepara il terreno. Sicuramente in questo momento vorrei delle sicurezze, desidererei avere risposte, ma questo non è possibile: tutto al momento resta vacuo e nebuloso. Eppure sappiamo che prima o poi il sole torna sempre a risplendere portando giorni limpidi; questa è una certezza, quindi su questo fatto oggettivo è necessario mettere le forze, le risorse, perché come diceva il Prof. Ferrini nel seminario intensivo di fine anno appena terminato del Centro Studi Bhaktivedanta: “Dobbiamo trovare la felicità dentro di noi, perché fuori, in questo 2021, non sarà così facile vederla.” Quando ho sentito le sue parole che ha ripetuto più volte sottolineandole con enfasi, ho compreso quanto sia importante avere sempre il bicchiere mezzo pieno, che ho identificato con il termine sanscrito: santosha, il sapersi accontentare di ciò che si ha. Allora, riparto da qui: desidero con gratitudine accontentarmi di ciò che ho, perché se nel 2020 ci sono state concretamente delle cose positive, sono sicura che ne troverò altrettante alla fine di ogni giornata che vivrò da qui in avanti e saranno il preludio, le fondamenta, su cui costruire il giorno che verrà. Questo è il mio fine: trovare ogni giorno un seme di felicità dentro di me affinché si rifletta anche fuori di me. Perseguirò i miei obiettivi e, sapendomi accontentare, raccoglierò ciò che la misericordia dell’universo vorrà ricambiare! “Sì, così direi che ci siamo. Cercherò di andare, senza dipendere se non dal futuro, cioè da niente. Più in là, più avanti. Ho il tempo a sufficienza per farlo. Cioè tutto. Una convinzione senza grinze, senza tentennamenti, senza ferite. Me lo ridico: la gioia… [è già in me]!” (Cit. Il profumo di Dick Moby B. Pompili)
Alessandra Corà