La domanda magica
PAOLA DE PAOLIS FOGLIETTA
Il counseling ci insegna l’importanza delle domande. Le domande sono di vario tipo. Posso essere informative, per ottenere delle informazioni su una persona, un fatto, un procedimento, per istruirsi su una questione e affrontarla in modo consapevole.
Poi ci sono le domande che servono per pensare, per mettere in moto la mente e trovare soluzioni. Allo stesso livello si pongono le domande che servono per porsi in una sfera emotiva ed ascoltare la realtà in modo diverso di quello più pragmatico e funzionalista. Non sempre necessitano una risposta precisa, a volte servono più per stimolare una interrogazione interna alla persona per indagare qualcosa che essa non è in grado di fare da sola, per paura, blocchi o rifiuto. Non è detto che riuscirete voi ad aggirare quelle paure e blocchi, ovviamente in questo sta la bravura.
Terza categoria, le domande esistenziali. Se quelle precedenti necessitavano risposte di qualche tipo attraverso il linguaggio verbale o non verbale, le domande esistenziali hanno risposte imponenti, di lunga attesa e sono difficili da leggere. Bisogna “saper leggere nel libro del mondo con parole cangianti e nessuna scrittura” (de Andrè)
Vista la complessità mi piacerebbe fare qualche riflessione sulle imponenti domande esistenziali. Per spostare le montagne bisogna iniziare dai sassolini.
La domanda che ad un certo punto della nostra vita emerge "chi sono realmente"? ha bisogno di anni per avere una risposta e forse tutto quello che facciamo nella nostra vita serve per rispondere a questa domanda. Abbiamo tanti dati a disposizione e ognuno cerca nelle strade più consone a sé una risposta più possibilmente esauriente, di volta in volta.
Viviamo in un mondo illusorio, non solo a causa della sua impermanenza e qualità effimera, ma anche perché, oltre a questa condizione, sovrapponiamo una visione filtrata di noi e del mondo che è il risultato della nostra esperienze e difese e reazioni alla sofferenza e alla paura. Quindi ci facciamo un film, come se noi fossimo i registi della nostra commedia o thriller, o docufilm o film sentimentale o d'avventura, come in un universo parallelo, di cui siamo ovviamente anche i protagonisti.
E siamo convinti che sia la realtà. Cerchiamo prove che è la realtà confrontandoci con gli altri, che allo stesso tempo sono dentro il loro film. Quelli più scientifici di noi cercano prove tangibili con dati statistici alla mano, così si convincono che è tutto a posto e tutto quadra. Se i film si assomigliano con quelli degli altri è come essere dentro una lunga serie. Ma ad un certo punto , come succede nelle favole, qualcosa che ci crea uno shock: l'intrusione di un personaggio malvagio, la visita di una vecchina inquietante, una gravidanza minacciata da una profezia, un figlio strano rispetto agli altri, l'incontro con qualcuno di cui ci innamoriamo follemente sconvolgendo le nostre credenze sulla realtà, un guadagno di una eredità miracolosa che cambia tutto, insomma qualcosa che per la prima volta ci fa vedere le cose in modo strano e lì ci domandiamo : ma io chi sono realmente? Quali sono e sono stati i miei valori? Che cosa ho fatto finora, perché ho vissuto così? A volte questa domanda non abbiamo il coraggio di farcela o ce la facciamo e ci rispondiamo qualcosa di rassicurante, qualcosa che sia coerente con il film che abbiamo vissuto. Naturalmente l’abilità è non buttare via niente, ma integrare, includere, adattare, rinnovarsi. Non è facile, ragazzi, lo sappiamo.
Guardando la mia vita osservo che è stata la paura a costruire molte cose del mio sogno, paure che mi hanno legato a passioni tristi in cui mi sono trovata spesso in un atteggiamento passivo, come se ricevessi dalla vita una specie di risposta ingiusta per quello che ero, o ritenevo di essere. “Io merito di più” pensavo. All'inizio pensavo che sentire di meritare di più fosse una specie di capriccio di una persona che aveva già tanto nella vita e non si accontentava. Invece mi sono resa conto che le mie domande alla vita non erano quelle giuste e quindi ricevevo risposte sbagliate. Risposte che mi rendevano ancora più infelice e sentivo come ingiustizia. Confesso e scrivo queste cose a volte per riordinare le idee, fare il punto e condividere questa condizione che assomiglia a quella di un detenuto in carcere, che scontando la pena ha capito il suo crimine profondamente e dice a quelli fuori: ho capito il mio errore! Questo mi ha fatto venire in mente l'incontro di gennaio scorso al centro studi Bhaktivedanta con Alessandro, incontro voluto da Marco Ferrini, che ha presieduto la conferenza e si trova su youtube "Ricominciare è possibile". A testimoniare è stato un uomo che sta pagando il suo debito con la legge, oggi devoto, con alle spalle un passato doloroso, costellato di passioni tristi. La sua storia è degna di rispetto e va ascoltata senza giudizio di nessun tipo, né biasimo, né esaltazione per la sua "conversione", è una storia, la sua. Ed è un po' anche la nostra.
Il suo era un film violento e in un certo momento si è accorto che era dentro una realtà immaginaria creata dalle credenze desunte dalla sua esperienza.
Paura e angoscia sono emozioni che tante volte in modo dispotico, hanno deciso per noi e ci hanno fatto scegliere diverse cose che non erano proprio allineante con quello che siamo. Una paura che ci ha ipnotizzati, impietriti succhiando la forza vitale alla nostra realtà.
Altra domanda (interiore e segreta): qual è la paura che ci ha fatto entrare nel nostro film?
Anche se le risposte tardano ad arrivare è importante che le domande che noi ci poniamo abbiano una risposta, perché così funziona l'ordine delle cose: dai energia - ricevi energia, ricevi e dai e così poni domande e l'universo ci risponde, è il flusso vitale, il respiro, lo yoga, il dinamismo della vita che deve andare e ritornare, questo è il movimento. Se questo dinamismo si ferma c'è un problema, non è naturale, si diventa tristi. Come dice il cabalista Lehvy, da cui traggo questo pensiero, "Quando vi chiedono come va? la risposta dovrebbe essere: vado e vengo, bene. Questo è uno stato di benessere e di libera vitalità. Le vitalità vanno e vengono come il luccichio del fulmine (Ez). Un'altra risposta lucida potrebbe essere "vado , ma non viene" cioè "emetto, ma non ricevo, non ho ancora le risposte alle mie domande". Oppure, la risposta potrebbe essere: “viene ma non vado, cioè subisco gli effetti perdendomi la causa, la faccia, e non sono cosciente di essere io stesso la causa".
L'importanza delle domande nel colloquio counseling è quello di stimolarle dell'interlocutore, perché esso stesso le rivolga a sé e sia stimolato a rispondersi per visualizzare la realtà soggettive in cui vive. Questo ci hanno insegnato. Le domande magiche ci verranno in mente se noi stessi ce le siamo poste e abbiamo sperimentato la risposta dell'universo.