Lasciare andare
ALESSANDRA CORA'
La strada che un counselor percorre con sé stesso e gli altri è una continua trasformazione e Patanjali da grande saggio qual’era, ci ha tramandato quest’arte nella scienza yoga, attraverso il concetto di parinama (lett- trasformazione), perché è lì che sta la “magia” di saper cogliere, trasformandole, le opportunità che la vita ci offre, con le sue infinite sfaccettature.
Quello che oggi ha trasformato il mio sentire e aperto ulteriormente il cuore, è aver compreso, o meglio, intuito, che è più sottile, la forza del “lasciare andare”. Leggendo le ultime pagine del libro di Frank Ostaseski I cinque inviti, si è aperta in me un’emozione forte che mi ha commosso e mi continua a commuovere profondamente. Quante volte diciamo a qualcuno, o a noi stessi: è ora di lasciare andare? Molto spesso. Eppure, quanto abbiamo capito fino in fondo il senso di questa affermazione? Personalmente credo di averlo compreso veramente, solo oggi! Impostiamo la vita, per svariati motivi, come una “lotta”, che con coraggio e grinta ci aiuta ad affrontare le avversità e le prove che ci arrivano. Mettere in campo coraggio e determinazione è sicuramente utile e adeguato, per riuscire a destreggiarsi, vero è che quella “lotta” sebbene costruttiva, ci ingabbia, e il lasciare andare diventa alla fine difficoltoso; pensare alla resa ci porta al pensiero di essere perdenti, eppure non è così, perché se attraverso il comprendere la morte comprendiamo la vita, è nella resa che impariamo veramente a lasciare andare. Il lasciare andare fa timore, perché è un po’ come morire, è cedere il passo, per far sì che la “lotta” si trasformi in un movimento più fluido, per farci uscire attraverso le sbarre delle gabbie in cui ci troviamo, e diventare una danza sinuosa che ci traghetta verso nuove mete. Il lasciare andare ha insito in sé il prendere le distanze dagli attaccamenti, dai rancori , dalle lotte con noi stessi, per poterci finalmente abbandonare. Nel fine vita il lasciare andare ci aiuta nel passaggio verso la nuova dimensione e mentre viviamo permette di essere leggeri, liberi, consapevoli di quando è necessario avere coraggio per intraprendere un ”gioco” più deciso. Un infinito gioco di equilibri! Quando Patanjali nel Vibhuti Pada spiega che attraverso i parinama, le trasformazioni applicate agli stati di concentrazione, meditazione e assorbimento si ottengono le siddhi, i poteri extrasensoriali, non si riferiva solo a delle acquisizioni specifiche per pochi eletti, ma anche a tutte quelle potenzialità, come il lasciare andare, che possono essere tali quando diventiamo consapevoli di noi stessi e delle nostre capacità latenti. Ciò che porta alla resa non è codardia, sono le migliori virtù, quali: la fede, l’amore, la fiducia, la compassione, l’empatia, l’abbandonarsi all’Assoluto. Personalmente sento più che mai la necessità di imparare veramente a lasciare andare, percepisco che in questa resa si nasconde la parte più bella della vita e la conquista di una salute fisica e psichica.
La resa come fa osservare Ostaseski : “è come un rito iniziatico, in cui il superfluo viene sacrificato all’essenziale. La resa è la fine del due e l’apertura all’uno.” alla fine di tutti i conti la “lotta” risulta inefficace, certo ci sono da sbaragliare le paure, i timori, ma se costantemente ci alleniamo con la disciplina costante (sadhana), a sciogliere i nodi, a mollare gli ormeggi, ci accorgeremo che la nostra barca saprà già la rotta per navigare verso il tramonto più bello di sempre.
Non star lì mentre i tuoi capelli diventano grigi,
ben presto i mari sommergeranno la tua piccola isola.
Così, finché c’è ancora l’illusione del tempo,
parti per un’ altra riva.
Non ha senso fare le valige.
Non riusciresti a issarle sulla barca.
Dà via tutto ciò che hai raccolto.
Tieni soltanto nuovi semi e un vecchio bastone.
Manda qualche preghiera al vento prima di salpare.
Non avere paura.
Qualcuno sa che stai arrivando.
Mona (Sono) Santacroce (1928-1995 ospite dello Zen Hospice)