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Verso una Leadership del Benessere: Seminario di Aprile 2023

Il seminario di formazione in Counseling del Centro Studi Bhaktivedanta di Aprile e gli approfondimenti avvenuti durante i webinar hanno sviscerato il tema della leadership come gestione e sviluppo delle risorse interiori.

Il concetto di leadership assume fondamentale rilievo nell’ambito del percorso di formazione che stiamo affrontando, poiché è strettamente connesso al vivere una vita appagante e felice. Attiene al raggiungimento della realizzazione vera: il divenire la migliore versione di se stessi per avvicinarsi alla piena realizzazione del sé.

Si è così partiti dalla definizione di leadership autentica. Nella scia dei percorsi di crescita e realizzazione affrontati nei precedenti incontri, si è disegnato il contenuto della leadership di successo fondata sull’assunzione delle proprie responsabilità e sulla rigorosa coerenza con un modello valoriale assoluto.

Un leader autentico è colui che, consapevole del proprio sentire (consapevolezza emozionale), se ne assume pienamente la responsabilità (autogestione personale): dal livello dei desideri fino al livello del pensiero e azione. Quando non c’è coerenza tra consapevolezza emozionale e assunzione di responsabilità sorgono conflitti interiori che difficilmente possono consentire di condurre una vita serena poiché sfociano quasi sempre in difficoltà relazionali.

Ecco che sviluppare una leadership personale, quale gestione e sviluppo delle risorse interiori, è fondamentale per condurre una vita appagante con relazioni costruttive vere e con conseguente sviluppo di una leadership autorevole in tutti settori della società in cui ci si trova ad operare.

Un leader autentico, ossia un leader radicato nella realtà contestuale e che opera ispirato da una visione superiore, è colui la cui esistenza ed azione è diretta alla realizzazione della sua natura più profonda: il suo cammino è volto alla ricerca della realizzazione del sé, nella sua pura forma ontologica: la svarupa. Ecco che allora le sue caratteristiche saranno quelle dell’uomo illuminato che, con il suo esempio, segnerà la norma da seguire per tutto il mondo (BG: III, 21).

Il leader autentico avrà riportato alla luce nel loro splendore le 26 qualità del ricercatore spirituale, poiché, come più volte indicato da Marco Ferrini, la coltivazione delle stesse ci porta alla realizzazione della nostra vera natura, liberandoci dai condizionamenti e dalle false identificazioni. Non è possibile essere un vero leader, in qualsiasi contesto, se non si pone mano alla gestione delle proprie risorse.

Tutti siamo potenzialmente dei leader, infatti le caratteristiche del vero leader sono quelle della persona realizzata e tutti siamo chiamati a questa vocazione. Divenire leader di noi stessi vuol dire guidarci verso la verità più alta e verso il nostro svadharma. Essere leader di se stessi pertanto non è una opzione ma una necessità improrogabile.

È importante avvicinarsi alla propria svarupa, (B.G. II, 22-25), assimilata al concetto di corpo di gloria della tradizione cristiana, quale forma essenziale dell’essere, ontologicamente ad esso appartenente e che lo caratterizza e lo rende unico: la svarupa, che il maestro spirituale può intravedere nel discepolo e in base alla quale può individuare un nome spirituale da attribuirgli, è nascosta dagli strati condizionanti della materia ed è per questo che non è immediatamente percepibile. Ma essa “è” e non può “non essere”. L’obiettivo primario pertanto è quello di allentare e poi sciogliere il legame dipendente dal guna e dal karma per poterla fare emergere nel suo splendore autentico.

Il lavoro di liberazione può avvenire solo con il processo metacognitivo (che di seguito si illustrerà nel dettaglio) in quanto è un processo che trascende la mente condizionante, e consente il decentramento e il superamento della visione dell’ego storico, per centrarsi sul sé.

Un processo logico razionale infatti rimarrebbe vittima dei propri stessi condizionamenti, in quanto la mente essendo essa stessa di natura materiale è sottoposta al condizionamento di guna e karma.

Per conoscere se stessi, occorre in primo luogo sperimentare le nostre emozioni e prenderne consapevolezza: innanzitutto chiederci “come ci vediamo? Come ci vedono gli altri? E poi chi siamo?” queste domande ci aiutano ad entrare nell’osservazione del proprio comportamento.

Lo stile comportamentale di ciascuno è costituito da un comportamento base inconscio e da un comportamento detto “adattato”, perché dipendente dai contesti in cui ci troviamo ad operare.

Considerata la complessità delle componenti che originano il nostro agire non c’è da stupirsi che le relazioni diventino un banco di prova molto difficile e impegnativo nella vita. L’incontro di due persone avviene prima a livello inconscio. È dunque fondamentale prendere consapevolezza profonda dei nostri mondi sommersi: le risorse, i talenti da cui scaturiscono i nostri valori, i bisogni, le emozioni: da qui nascono le motivazioni che ci spingono al pensiero e poi all’azione ( il comportamento).

Il comportamento pertanto non è che il risultato finale di un processo che partendo dalla nostra svarupa, viene fortemente condizionato dalle tendenze (guna) ed esperienze (karma), che determinano la sfera dei bisogni, delle emozioni e delle motivazioni. La natura materiale della psiche è composta di logos (pensiero) e eros (componente affettivo emozionale), entrambe sono presenti ma in base alla loro preponderanza determinano le nostre caratteristiche, ecco perché è molto importante prendere consapevolezza del nostro funzionamento, sotto tutti gli aspetti, e comprendere come funziona in noi il processo che determina il nostro comportamento.

Il comportamento base inconscio è quello più difficile da modificare, ma è anche quello che se modificato comporta il cambiamento anche del comportamento adattato e determinerà una profonda trasformazione delle nostre relazioni.

La trasformazione di tale comportamento avviene a seguito di un processo a ritroso che parte dall’esterno, il comportamento manifesto e va a sondare il seme inconscio che lo ha generato, proprio come Patanjali perscrive nello Yogasutra (sadhana pada X).

Le domande:

  • “Cosa hai già fatto?”
  • “Cosa non hai fatto che vorresti fare?”
  • “Cosa hai già fatto e che vorresti smettere di fare?”
  • “Cosa non sai ancora di dover fare?”

mettono in moto la ricerca, spingono verso il cammino interiore che porterà all’apertura del processo meta cognitivo, che può essere portato a termine con le visualizzazioni su come si vorrebbe essere, su come si vorrebbero le cose.

Nel mentre che si pone mano al proprio carattere e si procede nel percorso della liberazione, risulta fondamentale comprendere tuttavia, le nostre caratteristiche comportamentali e sviluppare una profonda sensibilità, come counselor, nell’individuare quelle del prossimo, onde potere davvero entrare in profonda connessione con l’altro e costruire relazioni costruttive che non rimangano in balia di comportamenti condizionati e reattivi.

Sono così state analizzate gli stili comportamentali prevalenti, gli stili di leadership condizionati e come queste conoscenze possano divenire utili nell’ambito del colloquio di counseling.

Andrea Boni